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domenica 3 febbraio 2013

Il pensiero debole


 Il postmodernismo, filosoficamente nasce come reazione alla fine di quelle “grandi narrazioni” che avrebbero caratterizzato la modernità (marxismo, progressismo borghese, liberismo classico, cristianesimo politico, ecc..). Ciò si caratterizza da un processo di “decostruzione”, ossia dalla messa in luce di elementi "impuri" che sono alla base delle grandi concezioni. I fautori del postmoderno e del pensiero debole, partendo dalla convinzione dell’impossibilità di definire l’essere, scoprono nell’”ermeneutica” lo strumento conoscitivo che ci consente di superare la “dittatura del presente” o la “violenza della verità”. La verità, quindi, non è più un concetto definitivo ma è ciò che io costruisco con l’accordo dei miei simili, la verità non è assoluta ma dinamica all’interno di vari contesti. Il pensiero debole persegue un’ indistinzione sempre più marcata tra vero e falso, è la fine delle sintesi unitarie ed è propenso alla frammentazione del sapere. La storia è vista come una successione di illuminazioni ma senza nessuna linea ontologicamente garantita. Per questo soltanto l’interpretazione dei fatti può creare l’accordo sulle verità di fatto che consentono una continuità nella storia delle dissoluzioni, permettendoci di avere un filo conduttore per orientarsi in qualche direzione. Il movimento postmoderno è rappresentato da filosofi quali: Lyotard, Deridda, Foucault, Vattimo, le cui lontane origini sono da collocarsi nel pensiero di Nietzsche. Il pensiero debole che viene contrapposto al pensiero forte delle ideologie accetta il carattere problematico di ogni conoscenza e l’impossibilità di spiegazioni unitarie del mondo. La parola chiave non è più “ragione” ma “ragionevolezza”.


Bibliografia: 

Corrado Ocone, Articolo su Il Riformista del 30 Agosto,2011
Ubaldo Nicola, Atlante Illustrato di Filosofia Giunti, 2005

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