Vita
Nacque
a Napoli nell’abitazione di Via Toledo, il 26 Ottobre del 1685. Figlio del
famoso compositore Alessandro e di Anna Maria Ansalone. Fu il sestogenito di
dieci figli, visse da subito immerso nel clima musicale, infatti oltre al
padre erano musicisti gli zii paterni, e i fratelli. Nel 1701, a soli sedici anni,
divenne organista della Cappella Reale di Napoli e nel 1702 si trasferì a
Firenze con il padre, per un breve periodo alla corte di Ferdinando III de’
Medici. Studiò con il padre e si perfezionò a Roma in clavicembalo con B.
Pasquini e F.Gasparini e quando quest’ultimo si trasferì a Venezia per il posto
di maestro della Pietà, lo seguì per continuare gli studi di perfezionamento. A
Venezia ebbe contatti anche con Vivaldi ed Haendel. Nel 1705 risiederà a Roma, sempre
con il padre che divenne vice maestro di cappella della basilica di S. Maria
Maggiore, mentre il giovane Domenico divenne maestro di cappella della Regina
Maria Cosimira di Polonia, a quel tempo in esilio a Roma. Il suo compito presso
la regina era anche di comporre opere per il teatro di corte (Palazzetto
Zuccari, presso Via Sistina). E’ documentata la gara che, a Roma, il Cardinale
Ottoboni organizzò tra Scarlatti ed Haendel e dalla quale uscì vincitore il
primo al clavicembalo e il secondo all’organo. Nel 1713 divenne vice maestro alla Cappella Giulia, incarico
che manterrà fino a quando nel 1719 si reca a Lisbona alla corte del Re di
Portogallo Guglielmo V. Nel 1724 rientrò in Italia e nel 1725 avvenne la morte
del padre Alessandro. Nel 1728 sposò Maria Caterina Gentili una bellissima
sedicenne romana da cui avrà cinque figli, la quale morì nel 1738. Nel 1729
seguì l’Infanta Maria Barbara di Braganza, di cui era maestro, nel suo
trasferimento a Siviglia per via del matrimonio con Ferdinando Principe delle
Asturie, per poi seguire la corte nei vari spostamenti fino a giungere
definitivamente a Madrid. A Madrid ebbe molti allievi tra i quali il musicista
padre Antonio Soler. Nel 1746 quando il principe Ferdinando divenne re egli fu
nominato “Maestro de los Reyes”. Scarlatti non amava partecipare alla mondanità
della vita di corte, ma nel tempo libero preferiva una vita ritirata, scegliendo
il contatto con la vita popolare della città contatto che gli permirse di
nutrirsi di quella cultura musicale locale che confluirà sapientemente nelle sue sonate: l’imitazione dei rasgueado
della chitarra, il ritmo delle castagnette ecc..gli echi dell’oriente che erano
giunti precedentemente in spagna.
Alla
corte di Ferdinando VI era in servizio anche il famoso cantante Farinelli, del
quale divenne molto amico. A Madrid, rimasto vedovo si risposa tra il 1740 e il
1741 con Anastasia Maxarti Ximenes. Muore a Madrid il 23 Luglio 1757 nella sua
casa in Calle Leganitas, attualmente segnalata con targa storica. A Madrid
ancora vivono i suoi discendenti.
Domenico Scarlatti e il Clavicembalo
Domenico
Scarlatti fu uno dei più grandi clavicembalisti di tutti i tempi e il suo genio
di compositore si espresse soprattutto attraverso questo strumento. Scrisse 555
Sonate. Le sue sonate, prevalentemente in un solo Tempo, sono generalmente con
struttura monotematica e bipartita, ma al di là di questa classificazione
generica le sonate di Scarlatti godono di uno stile unico ed originale:
“la misura
diventa quella dell’attimo abbagliante, della visione fulminea che esaurisce
ogni cosa visibile………….E’ tutto pieno di lontani bagliori ma quando li riporta
non è per via del ricordo, è perché nel suo spirito non esistono limiti fra
l’attuabile e l’ attuato, fra il passato e il presente, fra il volere e
l’avere. ….Quello stare tutto in un
solo Tempo è sufficiente per tradurre in musica quelle visioni sprofondate
nella sua fantasia, punte acutissime dolorosamente inferte nell’anima”. (G.Confalonieri,
Storia della Musica, 1975).
…La perfezione della costruzione di
quelle unità (una o più battute) che si susseguono come immagini indipendenti
ma concatenate e che ci rimandano facilmente all’idea di narrazione per icone
già in auge del mondo classico greco-romano. La sonata scarlattiana ha molto in
comune con questa pratica: trattare ogni micro-sezione come un mondo a sé e ad
un tempo preludere ad una sezione che partecipa di quella precedente, spingendo
in avanti il flusso narrativo.”Ogni cosa è una mezza memoria di
ciò che è accaduto”.(Carlo Grante,
Scarlatti e la sospensione del tempo).
Si
riscontra nelle sue pagine sempre una componente teatrale, i temi sono intesi e
trattati come personaggi e a volte le brevi introduzioni sono un magico sipario
che si apre sulla scena sonora. Prima di lui le sonate, si rifacevano ai vari
tipi di danza, egli si sgancia da questa gabbia, va oltre e cerca un’
espressività liberata da ritmiche standardizzate. Il ritmo sgorga con
freschezza e naturalezza in ogni
elemento melodico in un gioco di grande fantasia dove gli elementi interiorizzati
della musica conosciuta nel suo soggiorno in Portogallo e in Spagna, si
propongono in maniera dirompente e pieni di freschezza. Nei brani lenti la
cantabilità è imitazione della voce umana e l’accompagnamento si fa sobrio come
ad evocare la sua infanzia circondata da arie e cantanti con le quali il padre
Alessandro sovente provava i suoi melodrammi nella loro casa e forse per questo
il senso melodico sgorga in lui così fluido
e naturale senza ricorso a nessun artifico.
L’
imitazione del carattere della musica popolare spagnola è evidente nell’uso di
note estranee contenute negli accordi (probabile imitazione degli accordi di
chitarra ascoltati nelle vie madrilene che il compositore amava frequentare) la
valenza ritmico- percussiva si rifà al ritmo delle castagnette che richiama ai
passi di danza iberici e alle ritmiche popolari suonate sulla chitarra. Non è
mai, tuttavia, semplice imitazione ma sono spunti che Scarlatti fa propri e poi
rielabora in un linguaggio unico e originalissimo mescolandolo al sapore tutto
italiano della melodicità, un linguaggio che
esplora con grande virtuosismo tutte
le possibilità del clavicembalo, del clavicordo
o del forte-piano e che influenzerà la musica strumentale futura.
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